provenienti da un rinvenimento fortuito presso Cava delle Sparme a Farnese (figg. 7-8 ); si tratta dì due boccali frammentari con ritratto muliebre di profilo, databìli tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, di produzione aquesiana o, più verosimilmente, castrense.
    Altri motivi decorativi sono quelli araldici, con gli stemmi delle famiglie che commissionavano ai ceramisti servizi personalizzati; un posto primario rivestono a tal proposito le ceramiche con lo stemma della famiglia Farnese, diffuse in tutti i centri dell'Alto Lazio posti sotto il suo dominio (LUZI 1993; LUZI-RAVANELLI GUIDOTTI 1993).
    Da Farnese proviene in particolare un boccale con giglio farnesiano (FARNESE 1991, p. 26, n.l; p. 48), riconducibile ad un esemplare da Acquapendente (CHIERICI ET AL. 1984, p. 36, fig. 4), entrambi databili tra l'ultimo terzo del XVI e il primo quarto del XVII secolo .
     Esempi più antichi, databili nel secondo quarto del XVI secolo, sono costituiti da due scodelle apode con larga tesa; il primo esemplare (fig. n. 4) presenta sul fondo uno scudo sannitico con cinque gigli farnesiani in blu campiti d'oro, invece dei sei abituali (LUZI-RAVANELLI GUIDOTTI 1993, p. 160, n.40; FRAZZONI-VATTA 1993, p. 78, n. 6,fig.8); l'altro è stato rinvenuto in un pozzo di via Mazzini, denominato Pozzo Tedescucci, durante lavori di ristrutturazione, e riveste particolare interesse in quanto riporta sul fondo uno scudo bipartito con gli  stemmi delle famiglie Famese ed Anguillara. ( fig. n. 5).
    Il piatto si riferisce al matrimonio tra Galeazzo Farnese, figlio di Pier Bertoldo, ed Isabella, figlia di Giuliano degli Anguillara e di Gerolama Farnese, sorella del Cardinale Alessandro, il futuro papa Paolo III, ed è databile con relativa precisione tra gli anni 1518 e 1537, data in cui Galeazzo risulta essere già morto ( FRAZZONI 1994, pp. 113-114,  n. 5;

fig. 8, tav. 1,3 ).
    Altro motivo molto diffuso è quello a girandole ed archetti con rosone centrale dai petali disposti anch'essi a girandola (fig. n. 9); secondo Mazzucato l'origine di questo motivo decorativo è da ricercarsi in prototipi valenziani della fine del XV secolo; in Italia compare nelle produzioni di Montelupo verso la metà del XVI secolo; verso la fine del secolo viene imitato nelle fabbriche alto-laziali, soprattutto castrensi; ha una grandisima diffusione nell'Italia centrale (ad es. Monterano, Formello, Vulci, Valentano, Tarquinia), in contesti di Roma (Crypta Balbi) e del Lazio meridionale (ad es. Albano; cfr. MAZZUCATO 1968, pp. 23-24; fig. 26 ; LUZI-ROMAGNOLI 198 1, p. 86, nn. C/84-C/85; BOJANI ET AL. 1985, pp. 224225, nn. 566-567; CRYPTA BALBI 3, p. 394, n. 138; fig. 108; fig. H, nn. 5; 6; 18; MAZZUCATO 1986, p. 91; RICCI 1986, p. 233, fig. 16; LUZI-ROMAGNOLI 1987, p. 6, fig. 15; MAZZUCATO 1987, p. 104; BOLDRINI-DE LUCA 1988, p. 134, n. 37, fig. 39; VENTURA 1991, p. 132, fig. 15; MANDOLESI-VELLUTI 1993, p. 84, n. 89; BOITANI-BOANELLI 1995, p. 94, fig. 10,2; CORSINI 1995, p. 150, E/16; SATOLLI 1995b, p. XVII, n. 31; SPERA 1995, p. 73, fig. 11,8).
Il piatto qui presentato è probabìlmente di produzione castrense, ma è presumibile che il motivo, dall'area toscana, sia arrivato a Castro attraverso la mediazione del maggior centro ricettivo delle ceramiche del Valdarno, cioè proprio Acquapendente.
 Tra i motivi secondari presenti sulle ceramiche ingubbiate e dipinte da Acquapendente, i principali sono :
- nastri intrecciati, interpretati anche come "nodo d'amore" (LUZI 1993, pp. 39-40, tav. V; p. 69), come dimostrerebbe la presenza di questo motivo sul piatto amatòrio gia citato (FARNESE 1985, p. 120) con la scritta dedicatoria LIVIA B[ella]; questo motivo si ritrova nelle

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