(1) C. Lanzi, Memorie storiche sulla Regione Castrense, Roma 1938, p.
305.
(2) "Valchiera", dal vocabolario
tedesco "walche", in ultima accezione gualchiera. Per il funzionamento
di queste macchine veniva sfruttata la forza motrice della acque, applicando
lo stesso principio utilizzato per i mulini per cereali. Una grande ruota
azionata dall'acqua trasmetteva il movimento ad un cilindro orizzontale
nel quale erano inseriti verticalmente le aste dei folloni che terminavano
con pesanti magli o folloni.
I folloni, messi in movimento,
entravano e uscivano in una vasca dove sul fondo venivano posti i tessuti
da "gualcare". Per tale processo il panno veniva imbevuto con una soluzione
di acqua calda e soda o sapone, questa soluzione era spesso sostituita
con l'urina. Questo trattamento aumentava le proprietà feltranti
del panno rendendolo più compatto e meno ruvido. Tali opifici rimasti
in uso in alcune regioni fino agli inizi del XX secolo, molto probabilmente
esistevano anche a Farnese, lungo il corso del fiume Olpeta.
(3) Conosciamo l'esistenza di due
mulini per cereali lungo il corso del fiume Olpeta che appartenevano a
Farnese. Il "mulino Salabrone" e il mulino sulla "strada maestra per Farnese",
quest'ultimo fabbricato è ancora esistente, oggi sulla strada Provinciale
Lamone, dopo un accurato restauro è stato trasformato in casolare.
(4) Relazione ing. C. Tuccimei,
19/06/1885, in Archivio Comunale Farnese, (d'ora in poi indicato come A.C.F.).
(5) L'organo del Consiglio era
un'istituzione puramente rappresentativa. Costituito da membri sempre eletti
e riconfermati direttamente dal "signore" del luogo, era una struttura
subordinata e completamente dipendente dalla volontà del feudatario.
Aveva quindi carattere prettamente consultivo, preposto unicamente all'esame
dei problemi della Comunità. Tale struttura si componeva di un organismo
chiamato Consiglio dell'Otto; formato da otto elementi effettivi e di quattro
supplenti, le loro adunanze erano convocate dai Priori solamente per deliberare
affari di ordinaria amministrazione.
Il Consiglio Generale era invece
costituito da 35 capi famiglia, ed era convocato solo per deliberare affari
di carattere straordinario o per discutere dei tributi, di bilanci e consuntivi.
Questo organo proponeva al feudatario i prezzi dei grani e provvedeva alla
nomina del maestro di scuola, del medico, del chirurgo, del barbiere e
degli altri impiegati municipali. C. Lanzi, Memorie storiche...,
op.cit., pp 301-305, (vds. appendice doc. X).
(6) Fabio Farnese nasce a Farnese
il 22 gennaio 1547. Nel 1569 lo troviamo cavaliere di Malta. Muore combattendo
in Fiandra nel 1579. Nel 1567 si trova a reggere il ducato Farnesiano (vds.
appendice doc. II) in sostituzione del fratello Galeazzo II prigioniero
dei turchi. C.Lanzi, Memorie storiche..., op.cit., pp.286-289; Atto
di battesimo, dal Libro Baptizatoum 1543-1574, c. 1, in Archivio Parrocchiale
Farnese (D'ora in poi indicato come A.P.F.), F. Odorici, I Farnese di
Parma, in P. Litta, Famiglie celebri italiane X, Milano Ferrario,
1860-1868, tav. VIII.
(7) L'etimologia del vocabolo "Nempe"
è sconosciuta. Dobbiamo però ricordare che a pochi chilometri
da noi, a Villa Fontane, frazione di Valentano, esiste una Chiesa conosciuta
fino al XVI secolo con il nome di "Santa Maria ad Nempe". Attraverso
studi e ricerche si è giunti alla conclusione che questo appellativo
proviene quasi certamente dall'antico titolo che questa chiesa aveva nel
XII secolo e cioè "Santa Maria ad Templum".
Le chiese con questo titolo erano
amministrate dell'ordine religioso-militare dei Templari, creato all'inizio
del XII secolo da Ugo di Payens e da Goffredo di Sant'Omer allo scopo di
proteggere coloro che si recavano in pellegrinaggio a Gerusalemme. In breve
i Templari acquisirono potenza e accumularono enormi ricchezze. Fu l'affluire
di tanta ricchezza a decretare la fine dell'ordine: vennero infatti combattuti
come eretici e i loro beni confiscati, finché nel 1311 l'ordine
fu soppresso.
Mentre per Villa Fontane si hanno
notizie ampiamente documentate sull'esistenza di tale ordine (Cfr.: G.
Silvestrelli, Le Chiese e i Feudi dell'Ordine dei Templari e dell'Ordine
di San Giovanni in Gerusalemme nella Regione Romana, Roma, 1917), per
Farnese non si ha alcuna conoscenza in merito - anche perché non
è stata svolta una indagine in tale senso -.
Il toponimo "Nempe", titolo di
una chiesa per Villa Fontane, nome di una sorgente per Farnese, non chiarisce
il nostro interrogativo e non avendo documenti che provino l'esistenza
in Farnese di beni o chiese un tempo appartenuti ai Templari, possiamo
solo ipotizzare una simile evenienza, segnalando che la sorgente un tempo
chiamata "Nempe" è ubicata non molto distante dagli antichi edifici
della Galeazza, di cui non si ha alcuna notizia certa.
(8) Atti diversi 1539-1578, n.
70. cc. 121-122, in A.C.F: (vds. appendice doc. II).
(9) Dal libro dei Consigli 1550-1578,
n. 71, c.182v, in A.C.F. (vds. appendice doc. III).
(10) I due complessi architettonici
esistenti in località Galeazza fanno parte degli edifici costruiti
in Farnese tra il X e il XIV secolo. La struttura del primo edificio, con
muratura in tufo a cortina appartiene sicuramente al periodo romanico.
Il fabbricato, che ha subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli
è strutturato su due piani. Gli interni del piano terreno ormai
smembrati dai tanti frazionamenti, constano di lunghi e bui corridoi a
volta e di stanze con soffitti con archi a crociera. Il piano rialzato
è costituito da due grandi locali con soffitti a capriate in legno,
la struttura muraria esterna ci rivela che originariamente aveva dei merli
guelfi.
L'altro edificio (oggi adibito
a stalla), è l'unico esempio di architettura gotica esistente in
Farnese. La sua struttura poggia su archi a sesto acuto o ogivali che rappresentano
gli essenziali sostegni della costruzione, opportunamente rinforzati dai
contrafforti esterni che assorbono interamente la spinta delle volte.
Come già accennato, non
si possiede alcuna documentazione riguardo a tali edifici. Le notizie qui
riportate sono state in parte estratte dalla "Relazione del Piano Regolatore
Generale di Farnese", redatta nel 1980 dall'architetto Flavio Leoni
e in parte dedotte da un sommario esame delle strutture, segnalando ciò
che ancora si riesce a "leggere" dalla loro architettura.
(11) Questo singolare complesso
fu realizzato nella seconda metà del 1500 per volontà di
Pier Francesco Orsini (detto Vicino), sposo di Giulia farnese, da non confondere
con l'altra Giulia, famosa per i suoi rapporti con Rodrigo Borgia (Alessandro
VI). (C. Lanzi, Memorie Storiche..., op. cit., p. 297; F. Odorici,
I Farnese di Parma, ap. cit., tav. VII).
Le bizzarrie delle forme plastiche
create dalla fantasia di Vicino e commissionate, forse ad artisti dell'epoca
come Raffaello da Montelupo, Ammannati, Ligorio, Vignola, costituiscono
una sorta di autobiografia di questo estroso personaggio, che volle rappresentare
in modo misterioso ed enigmatico le sue conoscenze, i viaggi, le cose viste
in altri paesi, sbrigliando la sua fantasia e l'innato desiderio del meraviglioso,
sintetizzando conoscenza e cultura. Il "sacro bosco", realizzato con intenti
ironici e per sorprendere il visitatore, si compone di forme allegoriche
e stupefacenti in equilibrio tra sogno e realtà e ci riporta agli
artisti narrati nei poemi cavallereschi del Cinquecento. G. Polo, Magica
Tuscia, Viterbo, 1980, pp. 147-149; D. Cenci, Bomarzo, villa delle
meraviglie, sacro bosco..., Milano, 1958; J. Recupero, Il Sacro
Bosco di Bomarzo, Firenze, Bonecchi, 1977; E. Zolla, M. Nicoletti,
M. Mujica Lainez, Il Bosco Sacro, sta in F.M.R., n. 12, aprile 1983,
pp. 39-70.
(12) L'appellativo di "Poggio Strozzoni"
deriva dalla leggenda popolare nella quale si racconta che in questo parco
il Conte Orso Orsini abbia ucciso la moglie Eleonora Isabella Degli Atti,
strangolandola per gelosia, dopo aver ucciso anche il presunto amante Galeazzo
II Farnese, durante una battuta di caccia al cinghiale nel bosco Lamone.
F. Annibaldi, Notizie storiche
della casa Farnese..., Montefiascone, Stamperia del Seminario, P.I.,
pp. 106-107; E. Baldini, Pitigliano in Maremma, Bollettino della
Società Storica Maremmana, fasc. III, Grosseto, 1937, p.35; C. Lanzi,
Memorie Storiche..., op.cit., p.287.
(1)
Dal libro dei Consigli 1578-1613, n. 72, cc. 291-292, in A.C.F., (vds.
appendice doc. IV).
(2) Dalla relazione dell'ing, Tuccimei,
19/06/1885, in A.C.F.
Nelle immediate vicinanze della
località "la Botte", fiorì l'importante castello di Sala,
del quale sono ancora visibili i resti delle fortificazioni. Fu questo
un insediamento di origine longobarda, lo conferma il toponimo "Sala" che
in quella lingua stava ad indicare un edificio di una sola stanza, o anche
una dimora. Successivamente nel periodo medievale tale nome indicò
un insediamento campestre. La prima notizia documentata di
questo castello risale al 1210 e si trova in un atto di infeudazione dell'Imperatore
Ottone IV, delle terre che nell'XI secolo appartenevano al conte Ranieri
di Bartolomeo (Pitigliano, Sorano, Ischia, Farnese, Castiglione, Sala,
Petrelle, Morrano, Castel d'Arsa) e che passarono alla famiglia Ildebrandini.
L'ultimo documento che nomina il feudo di Sala è il testamento di
Ranuccio Farnese nel 1450.
Poco lontano dai ruderi del castello,
su un'altura che domina la valle dell'Olpeta, si trova la Chiesa di Santa
Maria di Sala, ormai fatiscente.
La costruzione risale al X secolo,
di stile romanico a pianta basilicale, ha una sola navata che termina con
l'abside nella quale si trova l'altare. Vi erano conservati pregevoli affreschi
che, recentemente restaurati, si trovano custoditi nel Palazzo Comunale
di Farnese.
Il Vescovo di Castro Pietro II,
offrì la chiesa di Santa Maria di Sala all'Abate di Staffarda in
Piemonte e un piccolo nucleo di monaci Cistercensi ne prese possesso nel
1189.
Ben presto però abbandonarono
il luogo che mal si adattava allo sviluppo della comunità monastica. I
n epoca successiva la chiesa divenne uno dei tanti romitori della nostra
zona, sappiamo infatti che un eremita o rettore aveva cura del luogo sacro
e che abitò la piccola costruzione a ridosso della chiesa. S. Conti,
Le sedi umane abbandonate nel Patrimonio di S. Pietro, Firenze,
Olschki, 1980, pp.86-87; G. Sivestrelli, Città Castelli e terre
della Regione Romana, ricerche di storia medioevale e moderna sino all'anno
1800, Roma, Multigrafica, 1970, VII, pp. 820-821; G. B. Bedini, Breve
prospetto delle Abbazie Cistercensi d'Italia dalla fondazione (1098) alla
metà del secolo decimoquarto, Casamari, 1974, pp. 81-82; Estratti
delle Visite Pastorali dei Vescovi di Castro, 1581-1638, in A.P.F.
(3) Bandita, territorio nel quale per pubblico bando sono proibiti caccia e pesca.
(4) Galeazzo II nasce a Farnese il 17/12/1544. Egli si interessò attivamente allo sviluppo
agricolo del suo feudo e del benessere sociale dei suoi sudditi. Promosse la cultura dell'olivo,
obbligando il popolo di Farnese e Latera ad impiantare oliveti che ancora oggi portano il suo
nome (Galeazza). Il 30 novembre 1572, a seguito della richiesta fatta dal popolo di Farnese,
concesse l'uso dei pascoli del Bosco Lamone.
Galeazzo II muore il 14 ottobre 1575 ucciso dal conte Orso Orsini durante una battuta di caccia
nel Bosco Lamone (vds. Cap. I, nota 12). Si dice che Fabio Farnese (fratello di Galeazzo) vendicò
la sua morte uccidendo il conte in un agguato tesogli a Firenze sul Ponte Vecchio.
F. Annibaldi, Notizie storiche delle Casa Farnese..., op. cit. P.I:, pp. 106-107; Dal
libro dei Consigli 1550-1578, n. 71, c 239v, in A.C.F.; Atto di battesimo dal Libro Baptizatorum
1543-1574, c. 1, in A.P.F.; C. Lanzi, Memorie storiche..., op. cit., pp. 285-286; N.
Ortensi, Farnese, sta in Latina Gens, anno IX, marzo 1931, pp. 108-110.
(5) Istrumenti della Comunità 1616-1663, n. 239, cc 11-12, in A.C.F. (vds. appendice doc. VI).
(6) Ricevuta di pagamento, nel libro dei Consigli 1615-1680, n. 73, in A.C.F., (vds. appendice
doc. VII).
(7) Mario Farnese muore a Roma il 7 aprile 1619 all'età di 69 anni. Fu un valoroso condottiero
esperto "nell'arte della guerra", in cui fu spesso impegnato. Nel 1587 aveva sposato in seconde
nozze Camilla Meli Lupi dei marchesi di Soragna (PR) e nel contratto di matrimonio si era
impegnato a vivere per due anni presso i suoceri.
Egli si occupò intensamente del benessere dei suoi sudditi, promuovendo opere sociali come
l'acquedotto, l'ospizio per orfanelli di Cappuccini, fece costruire il convento di S. Magno,
la chiesa di S. Anna, restaurò la Rocca, portando a Farnese artisti che vi lasceranno numerose
e pregevoli opere d'arte. Il 12 maggio 1603 fonda a Farnese il Monte Frumentario, per facilitare
la semina ai suoi sudditi, questa istituzione somministrava il grano occorrente per
l'agricoltura e per i bisogni delle famiglie.
Per delle imprecisioni riportate da alcuni storici, è stato attribuito alla Famiglia Farnese il
titolo di duchi di Latera e Farnese, mentre in realtà ebbero questo titolo solo in epoca molto
tarda ed il primo ad esserne investito fu proprio Mario (1610 ca.).
F. Odorici, I Farnese di Parma..., op. cit., tav. VIII; C. Lanzi, Memorie storiche...
, op. cit. pp. 290-291; J. Bignami Odier, Le casin Farnèse du mont Janicule (Porte San
Pancrazio), maintenant Villa Aurelia, sta in Melanges de l'école Française de Roma,
N. 1, 1979, pp. 514-515.
(8) Dal fascicolo dei documenti ad anno 1530-1621, in A.C.F.
Con la frase ... chiuder il borgo... forse Mario Farnese si riferisce alla necessità di
costruire delle case lungo la collina del borgo, in modo da formare una barriera frangivento;
questa via è infatti la più esposta al vento di tramontana.
(9)(9) F. Leoni, Relazione del Piano regolatore Generale di Farnese, 1980, p. 11, A.C.F.
(10) F. Annibaldi, Notizie Storiche della Casa Farnese ..., op. cit., P. II. p. 165.
(11) La costruzione di questa chiesa risale alla metà del XVI secolo.
Nel consiglio del 19 agosto 1577 apprendiamo che questo piccolo tempio fu eretto per adempiere
ad un voto fatto dalla comunità di Farnese a causa di una fastidiosa invasione di "cicale o
grilli", che devastavano i già poveri raccolti del feudo. Nel luogo dove fu costruita la
chiesa esisteva già una immagine venerata dal popolo di Farnese, infatti in questo documento
si legge "...la Comunità medesima per voto e devotione hà deliberato fare una Chiesola o
Cappella alla istessa immagine et figura della Madonna di via Cavarella, a laude della
Gloriosissima Madre Maria Sempre Vergine...".
Progettata da un certo "Mastro Sallustio", la sua elegante architettura si basa sui
canoni classici rinascimentali.
In epoca successiva l'interno della cappella venne ornato di pregevoli stucchi e di affreschi
attribuiti ad Antonio Maria Panico (morto a Farnese nel 1672). Dal Libro dei Consigli 1550-1578,
n. 71, cc. 316-316v, 319-320, in A.C.F.; U. Thieme, F. Becker, voce Panico Anton Maria,
in: Allgemeines lexicon der bildenden Kunstler, Lipsia, 1913, vol. XXVI, p. 195-196.
(12) L'antico convento dei Frati Minori intitolato a S. Rocco, posto nella via del Borgo,
edificato verso il 1560 per volere di Pier Bertoldo Farnese e Giulia Acquaviva (genitori di
Mario Farnese), venne ceduto dai religiosi alla figlia di Mario, Isabella, che divenuta monaca
dell'ordine di S. Chiara con il nome di Suor Francesca, aveva espresso al padre il desiderio di
fondare un monastero in Farnese.
In cambio Mario Farnese si impegnò a costruire un nuovo convento nella via di San Magno, nel
luogo dove già esisteva una chiesa con lo stesso nome e detta dal popolo di Sant'Umano ,
a fianco della quale fu eretto il nuovo edificio.
Il 22 maggio 1617 venne rogato l'atto di permuta, i religiosi lasciarono immediatamente il
convento e in attesa che la nuova fabbrica venisse ultimata, si adattarono a vivere in alcune
case "...ed uffiziare una chiesa da quelle non molto lontana...". Le monache presero
immediatamente possesso del monastero al Borgo e lo chiamarono di Santa Maria delle
Grazie, cedendo ai frati il titolo di San Rocco.
Trascorse qualche anno e i religiosi si trasferirono nel nuovo edificio anche se non ancora
ultimato, in quanto essendo morto Mario Farnese (1619), avevano perso ogni speranza che questo
venisse portato a termine.
Estratti delle Visite Pastorali dei Vescovi di Castro, 1581-1638, in A.P.F.; Casimiro da Roma,
Memorie istoriche delle Chiese e dei Conventi della Provincia Romana, Roma, Stamperia
Rosati, 1764, pp.139-145; Farnese a ricordo del terzo centenario del SS. Crocefisso
(1684-1984), Roma, 1985, pp. 13-18: G. De Dominicis, Suor Maria Francesca Farnese...,
Roma, 1981; F. Odorici, I Farnesi di Parma..., op. cit., tav. VIII.
(13) F. Leoni, Relazione del P.R.G...., op. cit., p. 10.
(14) Dal fascicolo dei documenti ad anno 1667-1727, in A.C.F.
(15) Dal libro dei Consigli 1750-1786, n. 74, cc. 179-179v, in A.C.F. (vds. appendice doc. XII);
Dal libro dei Consigli 1787-1809, n. 34, cc. 30-30v, in A.C.F. (vds. appendice doc. XIII).
(16) C. Lanzi, Memorie storiche..., op. cit., pp. 307-314.
(17) Documento anonimo e senza data, in A.P.F.
(18) Dagli atti in copia dei Notai Albertini e Pompili, 1797-1848, in A.C.F.; F. Leoni,
Relazione del P.R.G..., op. cit., p.12; C. Lanzi, Memorie storiche... , op.
cit., p. 308; Brevi note anonime in A.P.F.
(19) Dal fascicolo dell'era napoleonica, 1811-1813, in A.C.F.
(20) C. Lanzi, Memorie storiche... , op. cit., pp. 312-314.
(21) Dal fascicolo dei documenti ad anno, 1728-1846.
(1) B. Di Porto, Un triennio del Risorgimento Viterbese (1847-49)
nelle carte della Polizia Pontificia, sta in, Rassegna storica
del Risorgimento, anno LV, 1968, p. 449.
(2) Relazione dell'ing. Zotti, 18/10/1854, in A.C.F.
(3) L'ing. Zotti nella sua relazione tratta della grande galleria scavata
nel XVII secolo per l'attraversamento della valle dell'Olpeta e che, ad
una ispezione, risultò ancora completamente praticabile, tranne
che per alcuni punti dove il terreno era franato.
(4) Perizia dell'ing. Zotti per la costruzione del lavatoio, 18/10/1854,
in A.C.F.
(5) Le milizie pontificie erano impegnate a difendere quel che restava
del Patrimonio di S. Pietro dai continui attacchi delle bande garibaldine.
Ultimo baluardo non ancora conquistato dalle Camicie Rosse era
il Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. La battaglia avvenuta a Farnese nel
1867 fu uno dei tanti scontri che con sempre più frequenza accadevano
nella nostra regione. Nei primi giorni di ottobre di quell'anno si erano
registrati scontri a Bagnoregio, a Falvaterra, a Montelibretti e a Nerola
e, al grido di "Roma o morte", le truppe Garibaldine armate di coraggio
affrontavano i micidiali Châssetpôts francesi.
Il 16 ottobre un centinaio di Camicie Rosse, guidate dal maggiore
Jacopo Sgarallino, sbarcano a Orbetello, guadano il Fiume Fiora e raggiungono
Farnese. Il mattino del 19, un'altra banda Garibaldina composta da circa
duecento uomini e guidata dal capitano Nicola Guerrazzi, giunge a Farnese
e si unisce agli altri compagni.
Gli Zuavi, intanto avuta la notizia, partono immediatamente da Valentano,
loro quartier generale, per raggiungere Farnese.
Lo scontro avvenne alle porte del paese, nei pressi del Convento dei
Cappuccini, nella vigna, sempre di proprietà del Convento, di fronte
a Villa Moscati (odierna villa Lucattini): le truppe Garibaldine occuparono
il convento, mentre gli Zuavi si insediarono nella villa.
Da queste posizioni le due truppe si diedero battaglia e numerose furono
le perdite subite dai due eserciti. Le milizie pontificie ebbero la meglio
e riuscirono a mettere in fuga i Garibaldini, che abbandonarono il convento.
Nella confusione della ritirata, il padre Pietro da Montemontanaro cercò
di aprire il portone d'ingresso del convento per facilitare il passaggio
ai fuggitivi, ma i garibaldini che si trovavano fuori della porta, alla
vista del frate spararono uccidendolo sul colpo. Contemporaneamente veniva
ferito un altro frate, padre Clemente del Poggio, il "fascinaro del
convento", così annoterà più tardi nella sua cronaca
il padre cappuccino che registrerà i fatti di quella interminabile
giornata.
Le truppe garibaldine, sconfitte, cercarono rifugio nella vicina regione
Toscana.
Nell'attesa che i corpi dei giovani patrioti caduti in battaglia venissero
trasportati nei loro paesi d'origine, vennero seppelliti in prossimità
della Cappella della Madonna di Loreto, vicina al luogo dove avvenne lo
scontro.
Due epigrafi, poste sulla facciata della villa che fu teatro della
battaglia, ricordano gli avvenimenti di quel lontano ottobre 1867. H. Delerj,
Souvenirs, trad. di B. Barbini, sta in Biblioteca e Società,
n. 1-4,1984, pp. 27-38; F. Pietrangelo Papini, Un episodio della campagna
garibaldina del 1867, La battaglia di Bagnorea, Roma, Bulzoni, 1965;
L. Cicconetti, "Roma o morte", Gli avvenimenti nello Stato Pontificio
nell'anno 1867, Milano, Alfieri, 1934; Memoria estratta dal Libro Defunctorum
1839-1868, c. 237, in A.P.F.; Annali Manoscritti in folio, vol. VIII, p.
119, in Archivio Provinciale dei Cappuccini, Roma; Registro dei morti n.6,
p. 107 s, n. 483, in A.P.C., Roma.
Ringrazio il Rev. do Padre Carlo Belli, Archivista Provinciale della
Curia dei Frati Minori Cappuccini di Roma, che ha per me gentilmente trascritto
i documenti riguardanti i fatti avvenuti a Farnese nel 1867.
(6) Incerta è l'origine della famiglia Castiglione, eminente
in Ischia di Castro e Farnese fino al tardo '800. Localizzando il "Castello
di Castiglione" nelle vicinanze dell'insediamento protostorico "Sorgenti
della Nova", ove esistono i resti di una fortificazione medioevale, si
è affermato che tale famiglia trasse origine da quel sito.
Cfr.: A. Biondi, Il feudo tra Sovana e Castro e la terra Guiniccesca
(sec. XII-XIII), sta in Quaderni di Gradoli n.2, 1984, p. 6;
E. Benigni, Brevi cenni storici della famiglia Castiglione con particolare
riguardo al ramo stabilitosi in Ischia di Castro e in Farnese, Acquapendente,
Tipografia Lemurio, 1919.
(7) Relazione C. Tuccimei, 19/6/1885, in A.C.F.
(8) Atto n. 43, P.I.
(9) Dal Bollettino Parrocchiale "La voce del pastore", settembre
1937, p. 6, in A.P.F.
(10) Questo periodo segna un certo risveglio sociale per Farnese: Vengono
portate a termine numerose e notevoli opere pubbliche e di ristrutturazione
nell'ambito del paese.
Oltre all'acquedotto venne costruito il lavatoio al Bottino, il mulino
per cereali di Sant'Umano, furono pavimentate le strade interne
del paese, fu ristrutturata la via del Borgo, effettuando la demolizione
di logge esterne che si trovavano lungo tutta la via.
Dal fascicolo dei lavori pubblici 1886-1890, in A.C.F.
(11) Dal Bollettino Parrocchiale "La voce del pastore",
settembre 1937, p. 6, in A.P.F.
(12) Dal Bollettino Parrocchiale "La voce del pastore",
settembre 1937, p. 7, in A.P.F.
(1)
Con l'appellativo Piazza Belli
si intendeva l'attuale piazza Umberto I, sino a dopo gli archi del viadotto.
(2) Perizia De Carolis, dal fascicolo
dei lavori pubblici 1886-1890 in A.C.F.
(3) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", settembre 1937, p. 8, in A.P.F.
(4) Dal fascicolo del rendiconto
dell'anno 1937, in A.C.F.
(5) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", ottobre 1937, p. 3, in A.P.F.
(6) Carlo Salotti nasce a Grotte
di Castro il 25 luglio 1870.
Ordinato sacerdote nel 1894, ben
presto occupa un posto insigne nella Curia Romana. Nel 1930 Pio XI lo nomina
Arcivescovo di Filippopoli. Nel 1935 diviene Cardinale. A. Ruspantini,
Storia di Grotte di Castro, Grotte di Castro, 1978, pp. 245-248.
(7) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", settembre 1937, p. 4, in A.P.F.
(8) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", agosto 1937, p. 9, in A.P.F..
(9) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", ottobre 1937, p. 4, in A.P.F.
(10) Dal Bollettino Parrocchiale
"La voce del Pastore", ottobre 1937, p. 4, in A.P.F.
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