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i censi dei loro feudi alla S. Sede, fino alla creazione del Ducato di Castro ad opera di Paolo 111 nel 1537.
Dalle Riformanze del Comune di Amelia ricaviamo altre notizie: il 7 gennaio 1514 Galcazzo acquista il castello di Giove dai monaci benedettini di Mantova; questo castello aveva grande importanza strategica per il controllo della viabilità lungo la valle del Tevere e del porto per l'attraversamento del fiume (Lucci 1989, p. 20). Tra il 1517 e il 1518 il Card. Alessandro stipula con Galeazzo un patto affinchè il castello non sia venduto al di fuori della famiglia (Lucci 1989, p. 20, app. 2, pp. 3537).
  Nelle Riformanze del Comune di Amelia è registrato l'invito, in data 3 febbraio 1518, rivolto da Galeazzo al Comune a partecipare alle sue nozze (Lucci 1989, p. 20). Nel documento manca il nome della sposa ma è molto probabile che si riferisca, più che al primo matrimonio, a quello con Isabella Anguillara, anche alla luce dei rapporti che allora correvano tra Galeazzo e il Card. Alessandro, zio di Isabella. Se così fosse, il piatto di matrimonio ritrovato a Farnese, può essere datato con precisione in questo periodo. Se invece il matrimonio con Isabella fosse posteriore, la datazione del piatto non dovrebbe comunque spostarsi di molto, in quanto Galeazzo risulta essere già morto nel 1537 (Fioriti 1990, p. 138).
Nel 1526 Galeazzo, come signore del castello di Giove, viene menzionato in alcuni documenti relativi ad una controversia sorta con il Comune di Amelia per questioni di confine, cui offre la propria mediazione il Card. Alessandro Farnese (Lucci 1989, p. 20; app.3, pp. 37-39). Nel 1527 partecipa all'impresa di Castellottieri contro Pirro Fortebraccio di Castel Piero, che militava al soldo di Carlo V, per ridare il castello alla sorella Beatrice, vedova di Antonio Baglioni (per una narrazione dei fatti si vedano, tra gli altri: OdoriciLitta; Lanzi1938, p. 281; da ultimo Lucci 1989, p. 22). Nello stesso anno va alla riconquista di Castro, mandato da Clemente VII contro Pier Luigi Farnese, figlio del Card. Alessandro, che aveva occupato la città, e con il suo contingente di soldati Còrsi e dei suoi feudi risolve la situazione (per un quadro degli avvenimenti si veda Angeli; Moroni 1860-61, 102, p. 121; Lanzi 1938, p. 281; Lucci 1989, pp. 22-23). Dopo la pace di Barcellona (29 giugno 1529), ricomposta la vertenza tra il Papa e Carlo V, Galeazzo viene chiamato da Filippo principe d'Orange a partecipare all'assedio di Firenze, con

cordato tra Carlo V e Clemente VII per riportare i Medici nella città toscana (Moroni, 68, p. 228; Lucci 1989, p. 23). Anche i rapporti con Pier Luigi Farnese, dopo l'assedio di Castro, dovevano essere migliorati. Galeazzo muore intorno al 1537 (Fioriti 1990, p. 138); a lui succede il figlio Pier Bertoldo, che nel 1541 è ancora minorenne e sotto la tutela della madre Isabella, come risulta da un documento dell'Archivio Comunale di Latera riportato dall'Annibali in cui Isabella si dice "tutrice e curatrice degli heredi della bona memoria dell'Ill.mo Sig. Galeazzo di Farnese nostro marito, una con presentia et conferentia et volontà dell'Ill.mo Sig. Pier Bertoldo nostro comun figliolo et herede di detto Sig. Galeazzo: Isabella Farnese mpp. Pier Bertoldo confermo quanto Sopra. Data di marzo 1541" (Annibali 1, p. 88; Lanzi 1938, p. 282). Galeazzo ebbe altri sette figli (Odorici-Litta); nel testamento di suo figlio Pier Bertoldo, datato 20 settembre 1560, questi cede alla madre Isabella il castello di Latera fino alla sua morte (Odorici-Litta). Quest'ultima risulta ancora viva nel 1561 (Fioriti 1990, p. 137, nota 3).
Evidenti errori vengono compiuti dai diversi autori a proposito di Galeazzo e di Isabella. Il Lanzi, nell'albero genealogico (Lanzi 1938, p. 297), definisce Isabella cugina di Paolo III, anzichè nipote, in quanto figlia della sorella Gerolama e di Giuliano dell'Anguillara. Il Lotti fa sposare Galeazzo ad Isabella nel 1544, benchè poi si accorga dell'errore, e soprattutto ne assegna i figli al suo successore Pier Bertoldo. Non ritiene inoltre valida la data della sua morte; infatti lo fa combattere nel 1560 contro i Turchi; nel 1570 lo dice generale dei veneziani in Albania; e lo ritiene ancora vivo nel 1571 (Lotti 1983, pp. 291-292). Inoltre lo ritiene circa trentenne nel 1532 (p. 286), cosa alquanto improbabile in quanto se così fosse, nel 1511, quando è inserito tra i conservatori del Comune di Orvieto avrebbe dovuto avere nove anni.
Infine, Sciarra riferisce addirittura che Galeazzo avrebbe sposato in seconde nozze Girolama Farnese, sorella di Paolo III (Sciarra 1985, p. 20).
Oltre al piatto rinvenuto nel Pozzo Tedescucci a Farnese, riferito al matrimonio tra Galeazzo e Isabella, una testimonianza del matrimonio tra Gerolama Famese, sorella del Card. Alessandro, il futuro Papa Paolo III, e Giuliano dell'Anguillara è data da due tavole lignee, facenti probabilmente parte del soffitto a cassettoni di Palazzo Famese a Famese 2. Su queste tavole sono dipinti

degli scudi a testa di cavallo, uno con i gigli farnesiani e l'altro con due anguille incrociate; lo scudo con lo stemma farnesiano è sormontato dal cappello cardinalizio (figg. 2-3); quest'ultimo elemento è un chiaro riferimento ad Alessandro Famese, assunto al cardinalato nel 1493.
   Gerolama ebbe come primo marito

Fig. 2 - Cassettone con stemma dei Farnese sormontato dal cappello cardinalizio del Card. Alessandro (1493-1537)

Fig. 3 - Cassettone ligneo con stemma
degli Anguillara

Puccio di Antonio Pucci, morto il 31 agosto 1494 (Odorici-Litta), sposa in seconde nozze Giuliano conte dell'Anguillara. Viene uccisa nel 1504 nel castello di Stabbia da Giambattista di Stabbia figlio di Giuliano suo secondo marito (Odorici-Litta). Le tavole lignee realizzate dopo il matrimonio con Giuliano Anguillara si possono datare dunque tra il 1494 e il 1504; è inoltre da notare che Isabella, moglie di Galeazzo, è già nata nel 1504, e dunque in età da matrimonio nel 1518. Nel Palazzo Farnese di Farnese, si trova inoltre una lastra di rivestimento in travertino di un pozzo, ora parzialmente murata, sulla quale è scolpito uno stemma a scudo ovale con due anguille incrociate (fig. 12). La lastra si può collocare cronologicamente tra il 1520 e il 1540 circa, periodo in cui Antonio da Sangallo lavora a Castro e in altri centri dei Famese, prima e dopo la creazione del Ducato di Castro (Gavelli 1983). Lo stemma si colloca dunque nello stesso periodo del piatto rinvenuto nel Pozzo

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