portarli et condurli in Farnese una soma di terra da lavorare per foco..."; nello stesso documento il consiglio dispone che "tutti quelli che hanno somaro, gli devono condurre una soma di terra da lavorare l'anno, et quelli che nol hanno siano obligati d'andar per la terra con li detti somari..." (FARNESE 1985, p.22).
Non si può affermare con certezza se il vascellaro abbia veramente intrapreso la sua attività, mancando ogni evidenza archeologica o altri riscontri d'archivio al riguardo. Il rinvenimento, in uno dei pozzi scavati nel 1982 denominato Genoria-Fornaretta 1, di un probabile provino di cottura o cono di fusione, sembra costituire a tutt'oggi, l'unico elemento a favore della presenza a Farnese di fornaci ceramiche (FARNESE 1991, p. 23).
Un altro vascellaro di Acquapendente, Giminiano Stellifero, chiede al Consiglio del Comune di Castro, in data 8 maggio 1579, di aprire la sua attività di vasaio nella capitale del Ducato Castrense; la proposta viene accolta con favore dal Consiglio, il quale concede allo Stellifero anche un prestito e dispone la costruzione di una fornace, sottolineando inoltre come l'apertura di una bottega di ceramiche fosse non solo "hutile", ma costituisce anche motivo "d'honore" per la Comunità. (LUZI ROMAGNOLI 1981, p. 13; CHIOVELLI 1983, p. 3).
A partire da questa data comincia per l'area castrense un periodo di intensa produzione di ceramica ingubbiata e dipinta, la cui diffusione tocca altri centri dell'Alto Lazio, come Valentano, Farnese, Vulci, Ronciglione, e che accanto ai motivi tradizionali delle produzioni maggiori, facenti capo a Montelupo, Deruta, Faenza, elabora uno stile originale, caratterizzato da "semplici decorazioni di sapore popolaresco, realizzate con pennellate vivaci in una simpatica policromia" (COZZA-MAZZUCCATO 1968, pp. 386-391; LUZZI-ROMAGN0LI 1987, pp. 87-88).
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