La Chiesa di S.Anna
a Farnese


La Facciata della Chiesina di S.AnnaIn località le Piagge, presso l'abitato di Farnese, sorge la piccola chiesa di S.Anna, conosciuta anche come S.Maria della Cavarella.
L'edificio è a semplice pianta rettangolare (m.7,60 x 6,40) con copertura a vele raccordate da una lanterna ottagonale coperta da una cupola in origine rivestita da terrecotte invetriate policrome, in seguito sostituite da una copertura di lastre di piombo.
La chiesa nasce come ex voto alla immagine miracolosa della Madonna della Cavarella che aveva liberato il territorio farnesano dal flagello delle cavallette. Nel consiglio comunale del 27 Maggio 1577 fu deliberata la costruzione della chiesetta per maggior decoro della " ...istessa imagine et figura della Madonna di Via Cavarella". In un successivo consiglio, il 19 Agosto dello stesso anno, fu stabilito di dare inizio ai lavori da finanziarsi con i proventi delle elemosine e con i fondi della comunità. Due soprastanti furono incaricati di dare inizio alla fabbrica sui progetti già realizzati da un certo mastro Sallustio.
Una consilidata tradizione locale vuole che la chiesa sia stata eretta come ringraziamento per il felice esito di un difficile parto della duchessa Camilla Lupi dei marchesi di Soragna, moglie del signore di Latera e Farnese Mario Farnese. Non vi è, però, contraddizione tra il dato documentato e l'oggetto della tradizione, quest'ultima è probabilmente il frutto di un atto di appropriazione collegato all'assunzione del patronato da parte dei Farnese dope che l'edificio era già stato costruito. Infatti, solo dopo il 1588, due anni dopo il matrimonio di Mario Farnese, signore del posto, con Camilla Lupi, si colgono le tracce di un discreto mecenatismo artistico, indotto dall'influsso intellettualistico dovuto alla colta e raffinata famiglia della moglie, in particolare alla suocera Isabella Pallavicino. La stessa dedicazione a S.Anna , madre della Vergine e protettrice delle puerpere, avviene in questo periodo.
La maggiore attenzione dei signori locali si esprime inizialmente con il pagamento di dieci salme di grano per il sostentamento del rettore della cappella, in seguito con la commissione della ricca decorazione di stucchi e pitture che ornano l'interno, al pittore bolognese Anton Maria Panico, la cui firma, ancora leggibile fino a qualche decennio fa, compariva sulla leggenda di una medaglia all'antica dipinta sulla vela sovrastante l'altare.
Il Panico, sicuramente coadiuvato da un abile stuccatore, non si limitò alle sole pitture delle vele del soffitto: lo storico bolognese seicentesco C.C.Malvasia, ritiene sue due perdute tele con una Annunciazione e una Presentazione del Bambino al tempio, sicuramente alloggiate in due dei sei scomparti definiti da semplici cornici di stucco sulle pareti laterali.
Gli stucchi e le pitture trasformano il piccolo ambiente in uno scrigno prezioso.
L'altare con l'immagine della Madonna della Cavarella Sulla parete di fondo compare l'unico altare ornato dalla venerata immagine tardo-quattrocentesca della Madonna della Cavarella, opera di un ottimo artigiano emulo dei maestri senesi come Taddeo di Bartolo o Giovanni di Paolo, e circoscritto da una incorniciatura in stucco chiusa ai lati da due erme femminili e, in alto, da un timpano tondo interrotto che include un grosso giglio araldico farnesiano. Ai lati dell'altare sono dipinti due encarpi di frutta e ortaggi.
Tra le pareti e le vele della copertura vi è una netta cesura formata da un cornicione aggettante di stucco che presenta gran parte del repertorio decorativo classicheggiante: ovuli e frecce; fuseruole e dentelli; girali d'acanto intrecciati a volti paffuti di putti o a maschere mostruose alternate al giglio araldico. Quest'ultimo compare con ossessiva frequenza, tutta la fascia alla base del cornicione è una ininterrotta teoria di piccoli gigli. Quest'ultimo elemento decorativo non fu mai portato a termine, si interrompe esattamente al centro della parete d'accesso e non compare affatto sulla parete di destra. Il sapiente giuoco delle cornici di stucco riparte ognuna delle vele in sei riquadri e delimita le quattro figure allegoriche dipinte nella lanterna. Queste sono quelle che più hanno sofferto per i danni provocati dalle infiltyrazioni di acqua piovana, rimangono malamente leggibili solo le allegorie della Fortezza e della Fede, anche queste figure sono sormontate dall'onnipresente giglio araldico.
Nel riquadro centrale di ogni vela compare una scena della vita della Vergine, gli altri spazi sono occupati da un complesso sistema decorativo composto da figure in stucco allegoriche o afferenti al repertorio antiquario classicheggiante; paesaggi e finte aperture finestrate dipinte. Negli interpazi tra le cornici si snoda un formulario fantastico di putti giocosi, animali, finte statue marmoree e medaglioni all'antica, ricchi encarpi di frutta e ortaggi, simulacri di divinità pagane, esseri semidivini o fantastici, volti mostruosi e sconcertanti scheletri di crani bovini, espressione di un clima culturale sofisticato ed elitario, incline verso un sottile ed intrigato simbolismo che si precludeva alla serena e devota religiosità popolare.
La natività della Vergine La Natività della Vergine dipinta sulla vela chesormonta la parete d'accesso è affiancata dalle figure allegoriche della Giustizia e della Fortezza in candido stucco; il pennacchio è occupato da un elegante busto femminile desinente in ampie volute d'acanto.
Sulla vela di fronte è dipinta l'Assunzione: la Madonna è vista in lontananza mentre ascende nelle cateratte celesti aperte in uno squarcio luminoso, in primo piano gli apostoli si affollano intorno al sarcofago vuoto. Ai lati compaiono le figure in stucco della Carità e della Fede, mentre l'apparato decorativo ripete quello della parete di fronte.
Sulla vela posta a sinistra è dipinta la Dormitio Virginis e, nei riquadri che la fiancheggiano, due paesaggi in cui compaiono un tempietto a pianta circolare coperto a cupola e una fontana poligonale sullo sfondo prospettico di un viale coperto da un pergolato di viti che divide il giardino coltivato a gigli e rose rosse.
Un giglio araldico in stucco tra volute d'acanto e due riquadri dipinti a trompe l'oleil con finte aperture finestrate, campiscono il pennacchio.
Al fianco del catafalco su cui è adagiata la Vergine compare, riverso a terra, il corpo inanimato di un uomo monco delle maniche richiama un drammatico episodio narrato da Varazze nella Legenda aurea: il sommo sacerdote nel tentativo blasfemo di offendere il corpo santo ebbe le mani essiccate e crollò a terra mentre compariva nel cielo l'angelo vendicatore in volo con la spada di fuoco.
La Dormitio Virginis Rimane oscuro il significato dell'episodio sulla parete di fronte: qui, almeno apparentemente, nulla rinconduce alle iconografie canoniche dlla vita della Madonna. La scena, ambientata nel contesto di una abitazione femminile, si articola su tre diversi episodi: in primo piano una vivace, enfatizzata conversazione tra una giovane donna e due uomini vestiti con eleganza; sulla sinistra due giovani accudiscono ad un tavola sullo sfondo di un porticato aperto verso il giardino; sulla destra, invece, in un interno illuminato dalla luce rossastra di un lampadario con due lumi ad olio, compaiono intorno ad un tavolo un uomo e una donna che sembrano essere in atteggiamento di preghiera; sulla porta una figura femminile offre del cibo a dei mendicanti. La decorazione che contorna la scena ripete, in alto, quella della vela antistante, mentre ai lati sono dipinti due paesaggi in cui compaiono un possente torrione circolare a quattro piani e una veduta del fondovalle di un centro abitato (che sembra essere il paese di Farnese).
Il complesso rebus iconografico, messo in scena sulle pareti di S.Anna, trova una sua chiave di lettura nel simbolismo ermetico delle figurazioni grottesche che ricorrono negli interspazi tra le cornici, lo stravagante esoterismo iconologico che alligna in queste figure è frutto dell'influenza culturale del pensiero alchemico di così ampia diffusione in questo periodo.
Ai lati della scena con la Nascita, sono dipinti due nani, uno goloso che non arriva a prendere una coratella animale, l'altro aggredito dalle gru; Più in alto, ai lati del riquadro superiore, compaiono due puttini mingenti sotto baldacchini tenuti da gamberi, con il loro getto mandano le ruote di due mulini; nella banda mediana orizzontale, ai lati di un ellissoide con il panorama di un ponte, due tritoni offrono ai cinghiali due vassoi di perle; motivo dello sfuggente significato la cui spiegazione è individuabile nel Nuovo lume chimico, un emblematico documento sull'occultismo alchemico scritto sullo scorcio del XVI secolo, dove compare il seguente versetto:"... Ora come dovrete preparare queste due sostanze/ Per mezzo del vostro sale di terra,/ Non oso scriverlo apertamente,/ Perché Dio vuole che ciò sia nascosto;/ E non bisogna in alcun modo dare ai maiali/ un cibo fatto di perle preziose ...". Sono versi che rappresentano un vero e proprio manifesto dell'essenza iniziatica dei conoscitori del linguaggio alchemico che, poste in relazione con queste figurazioni, vengono ad assumere un valore significantedecisamente più puntuale che non la più nota parabola evangelica: non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci perché non le pestino con i piedi..." (Mt. 7,6). I nani stanno invece a rappresentarei beffatori della scienza ermetica, gli irrisori dei veri saggi. Il valore simbolico del puer mingens è riconducibile all'antichità classica, dove si poneva nel contesto bacchico con un significato di fecondità e rigenerazione: In ambiente sacrale questo motivo iconografico appare anche nel tempio malatestiano di Rimini, un luogo fortemente connotato di cultura ermetica e sapienzale.
L'Assunzione della Vergine Nella vela dove è dipinta l'Assunzione gli spazi riservati alle figurazioni grottesche sono una fantasmagoria vivace di putti giocosi e monellerie: lateralmente alla scena mariana principale, due esuberanti gruppi di puttini si arrampicano su alberi della cuccagna, i cui premi sono rappresentati da dischi aurei tenuti da nastri rossi, da un pollo e da un'anatra; più in alto altri due terribili putti, uno assiso su una sfera, l'altro su una tartaruga, scottano alla fiamma delle candele un pesce ed una rana appesi ad ami rudimentali; nella fascia orizzontaledue coppie degli esuberanti monelli, poste ai lati di una ellissi con una veduta di città, tormentano due animali versandogli acqua gelata sulla testa e uno, addirittura, gonfiandolo dalle terga con un mantice.
L'agitata vivacità dei putti trova una sua spiegazione nella allegoria alchimistica del Ludus puerorum. Gli oggetti che i putti usano per i loro giochi: il mantice, il vaso con cui versano l'acqua, la sfera, i pali su cui si arramoicano e la tartaruga, rappresentano gli strumenti dell'alchimista e alcuni simboli del processo dell'opera alchemica.
Anche sulla parete sinistra perdura l'inquitante sequenza dei simboli alchemici: la fontana poligonale ed il tempietto circolare preceduto da un puteale che compaiono nei paesaggi ai lati della Dormitio Virginis, sono immagine della Fons vitae, la fontana della giovinezza; e del luogo deputato per antonomasia alla celebrazione della memoria.
Nelle fasce tra le cornici, ai lati della Dormitio compaiono un putto accovacciato e una ambigua figura di diavolo vestito da monaco.
Il putto è incluso in un tondo formato dall'Ouroboros, dalla cui coda pende una panoplia con la tavolozza e gli strumenti del pittore.
L'altro personaggio ha nelle mani un oggetto di difficile lettura, ed è inscritto in un ellissoidale formato da un cappio sormontato da una bilancia e con appesi gli strumenti del maniscalco: un raspa, un paio di tenaglie, un raffio ed un marchio da fuoco con la lettera "S".
L'ermetica delle varie figurazioni trova precise rispondenze nel vocabolario dell'immagginario alchemico: il fanciullo dormiente è immaggine della nigredo o malinconia, l'Ouroboros, alludente al concetto della ciclicità, è emblema dell'eterno ritorno, del congiungimento dell'inizio e della fine.
Gli arnesi del maniscalco posti sotto l'enigmatica immagine del monaco alludono, invece, all'azione della triturazione meccanica della materia, l'operazione primaria dell'alchimista.
L'apparato ermetico, in gran parte ancora sfuggente, messo in scena nel piccolo sacello di S.Anna apre non poche problematiche circa l'ambiente culturale in cui l'opera è stata concepita e realizzata.
L'arcana iconologia che ne permea le immagini è frutto di una consapevole volontà di esprimere un linguaggio sicuramente comprensibile solo per un eletto nucleo di iniziati. I fermenti di inquietudine che attraversano la società del Seicento trovano uno sbocco originale di tipo esoterico-intellettualistico anche in questo periferico, minuscolo stato rurale.
Le sue fonti di riferimento non possono non individuarsi nel raffinato salotto soragnese, la cui anima era Isabella Pallavicino, che dopo il matrimonio di Mario con Camilla Lupi aveva trovato a Farnese una sua seconda sede.

Fulvio Ricci